Fedeltà _ 2

Corre l’obbligo, amici lettori, di tornare sul bel romanzo di Missiroli per dare risposta all’ immeritata stroncatura di Fabrizio Ottaviani pubblicata su Il Giornale il primo marzo, con il titolo “Marco Missiroli fa le corna alla lingua italiana” e facilmente reperibile on line. È opportuno innanzitutto soffermarsi sul tema. Quello che viene definito “il tema
ottocentesco dell’adulterio” è risolto in chiave contemporanea, come riflessione sulla fedeltà alle proprie scelte. E veniamo alle critiche su stile, personaggi e lingua: perché l’autore avrebbe dovuto evidenziare gli spostamenti del punto di vista con un rigo di spazio?! I miei amici lettori e, molto più modestamente io stessa, siamo perfettamente in grado di coglierli, con molto apprezzamento per l’intreccio dei pensieri e la fluidità di un andamento narrativo libero innovativo e contemporaneo.
Andrea, il fisioterapista, non è, semplicisticamente, un violento: è un personaggio di luci e ombre, contraddittorio e complicato, che non può essere definito violento sulla scorta di un singolo episodio di una storia dolorosa, nell’anima e nel corpo, fortemente condizionata dall’identità sessuale. Ma questo si coglie solo attraverso una lettura approfondita ed esperta. E veniamo alla lingua che, secondo Ottaviani, farebbe le corna alla lingua italiana. Se la nebbia di Milano è definita foschia, non dipenderà, forse, dalla volontà di proiettare sull’ambiente l’atmosfera di una vicenda che si dipana tra incertezze e dubbi dei personaggi? Chi mastica un po’ di retorica sa bene che una frase quale “con la mano libera vegliava lo zaino” è una metafora ad indicare la cura posta nel gesto. E ancora “mentire le chinava la testa” è una metonimia: la vergogna che procura la menzogna è tale da far piegare il capo. Mi fermo, Ottaviani, ma fermati anche tu.

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