In tutto c’è stata bellezza, tranne che in questo romanzo: un delirio di quattrocento pagine, mai interrotto da un dialogo. Capitoli brevi, slegati, ciascuno con un suo fuoco, sul padre, sulla madre, sulla Spagna. Le riflessioni sulla vita e sulla morte non mancano di originalità ma, forse, è proprio questa ricerca dell’inconsueto, continua, affannosa, che
disturba “Mia madre ha vissuto sempre circondata dall’olio di oliva. Mia madre mi ha trasmesso un culto segreto, mai verbalizzato, per l’olio di oliva. Credo che l’olio d’oliva sia un tunnel spaziotemporale, un’incrinatura nel tempo, che mi porta direttamente al mio primo antenato che mi guarda e sa chi sono”
E poi “Sono enigmatici i ferri da stiro… non tutti si stirano i vestiti. Ora chiedo spesso alla gente se stira” Ancora “A mia madre non piaceva chiamarsi in nessuna maniera. Non credeva di avere un nome. Non voleva essere sottomessa a un nome”.
Credo che possa bastare. Non so se il successo unanime del libro sia dovuto alla voglia che tutti noi abbiamo di sentirci tanto intellettuali. O, forse, con più probabilità, non sono lettrice abbastanza colta e attrezzata per penetrare il senso profondo dell’opera. A voi, amici lettori, l’ardua sentenza.
Autore: Manuel Vilas
Casa editrice: Guanda
Non l’ho letto e in realtà neppure lo conosco ma sono tantissimi i libri di grande successo che non mi entusiamano ed apprezzo chi come te scrive commenti al di fuori del coro
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