Pecunia non olet, i soldi non puzzano, recitavano i nostri antenati. Ma i soldi, protagonisti del romanzo di Fabio Calenda, hanno il fetore della cattive coscienze: l’umanità che intorno vi ruota ha ben poco di umano: avide faine prive di sentimenti che si affannano dietro il miraggio di facili guadagni, proventi di investimenti finanziari. Tra questi è Gianni Alecci che, insoddisfatto del suo lavoro e della sua famiglia, investe tutto il suo denaro e quello della moglie, consegnandolo nelle mani di Vincenzo Greco, guru della finanza. All’ombra del fallimento della Lehman Brothers, la vicenda si snoda nell’arco di un paio di anni che vedono l’ascesa e il crollo di precarie fortune. Una di queste è quella di Alecci, personaggio trash, nelle azioni, nei pensieri, nei sentimenti: la moglie, una rompiscatole; il secondogenito, uno sfigato; il primogenito, “carogna”; l’amante, buona solo per quello. Unico, inspiegabile, moto dell’animo è una pallida simpatia per una bambina figlia di amici. Per il resto, i soldi sono tutto. Il mondo interiore e quello relazionale di Alecci sono espressi in una lingua che va di pari passo con la materia trattata: rozza, coatta, priva di eleganza. Il vuoto interiore contende ai soldi il ruolo di protagonista, interagisce con essi, e, parzialmente, si colma quando questi vengono a mancare. L’andamento narrativo è spedito: le vicende finanziarie sono raccontate con una tensione da thriller che, però, sottende tutto il disprezzo per chi affida ai soldi tutta la felicità.
Autore: Fabio Calenda
Casa editrice: Mondadori