Grazie, Ken Follet, per averci regalato indimenticabili pagine di spionaggio, da Un letto di leoni, a La cruna dell’ago, a L’uomo di Pietroburgo, eccitanti, coinvolgenti, emozionanti. Lo spionaggio, si sa, si presta, come James Bond ci insegna, alla creazione di appassionanti storie mozzafiato. Mi chiedo, perciò, come abbia fatto Javier Marìas a
scrivere sull’argomento un libro tanto noioso. Berta Isla, la protagonista, è sposata con un agente segreto. Sì, Ma l’avventura dov’è? La vicenda si dipana attraverso interminabili dialoghi, interminabili descrizioni, interminabili riflessioni dei personaggi, attraverso le quali Marìas ci comunica con larghezza le sue idee e le sue conoscenze. Insostenibili le pagine dedicate allo svisceramento dell’Enrico V di Shakespeare. Serpeggia tra le pagine una malcelata voglia di indottrinamento, a partire da una lingua che vorrebbe essere colta, ma che io ho trovato solo antiquata. Quattrocentosettantotto pagine, riducibili a cento. Per quel che mi riguarda, arrivata a duecentosessantotto, ho invocato pietà e ho abbandonato la lettura. E se nella seconda parte il romanzo avesse preso il volo? Lascio la risposta agli amici lettori dotati più di me di costanza e spirito di sacrificio.
Autore: Javier Marìas
Casa editrice: Einaudi